Dieci anni dopo la sua costruzione, precisamente
nel 1186, questo fu affidato dal nuovo vescovo di
Luni, Pietro, ai monaci pulsanesi di San Michele di
Orticaria di Pisa.
Dopo la decadenza del priorato pulsanese, nella
metà del secolo XIV, i monaci si trasferirono a Sarzana e nel 1453 vennero uniti alla mensa canonicale di Santa Maria Assunta.
Per tre secoli, e quindi fino alla metà del XVII secolo, il monastero del Corvo restò abbandonato.
In tutto quel tempo, che fine aveva fatto il Volto
Santo?
Parrebbe logico sostenere che fosse stato portato
a Sarzana. Ma così non è, come possiamo notare
dalla visita apostolica fatta dal vescovo nel 1584,
il quale sostiene che l’immagine sopra all’altare
non è soddisfacente e che ci deve essere messa
icona cum crucem.
Mi guardo con i compagni di avventura e pensiamo tutti la stessa cosa: allora dov’era il Volto Santo attualmente esposto nella cappella?
Solo allora ripenso alle parole di Piero Donati.
Il critico d’arte fa notare che fino al 1109 a Lucca
nella cattedrale di San Martino era venerata la Crux vetus e un’immagine dipinta. Il vescovo di
Lucca, Rangerio, che morì nel 1112, non aveva
mai accettato di buon occhio l’adorazione della
Croce con appeso il corpo di Gesù, in quanto peregrina religium.
Solo dopo la sua morte, probabilmente fra il 1112
e 1119, ci fu la venerazione di un Cristo tunicato
tridimensionale. Secondo Donati la primitiva Crux
vetus era un crocifisso aniconico, traslato in San
Martino dalla distrutta chiesa Domini et Salvatoris. Questa sarebbe stata adorata fino ai primi anni del XI secolo e poi sostituita dal Cristo tridimensionale, Cristo nero, poi divorato dai tarli e
quindi messo in disparte per alcuni secoli.
Per Donati questo primo crocifisso tridimensionale sarebbe stato a sua volta sostituito dall’attuale
Volto Santo di Lucca, realizzato nel XIII secolo. Il
vecchio Volto Santo sarebbe rimasto in un luogo
sicuro per quasi tre secoli, per poi riapparire restaurato nel XVII secolo proprio al Corvo.
I canonici di Sarzana, per rilanciare il monastero,
fecero arrivare nella cappella il crocifisso tridimensionale lucchese, messo da parte perché, come detto, rovinato dai tarli.
Dalla testimonianza di un pellegrino chiamato Placentinu sappiamo
infatti che il volto lucchese non poteva più fare miracoli a causa delle
sue cattive condizioni. Addirittura
il crocifisso doveva essere ripitturato più volte per nascondere le
magagne.
Restaurato per l’ultima volta a Genova nel 1957, secondo Donati
quest’ultimo corrisponde in tutto e
per tutto al Volto Santo descritto
nel XII secolo nel duomo lucchese:
oculos cristallinos di pasta vitrea,
policromatico, sui piedi entro argenteos subtellares ma soprattutto l’unico ad aver subito l’attacco
dei tarli. Nessun altro ha le caratteristiche descritte qui sopra, se non
il Cristo nero che si trova ora a
Bocca di Magra.
Altro elemento che fa propendere
Donati a pensare che il volto di
Bocca di Magra fosse quello originario di Lucca, sono le monete lucchesi, ossia i grossi argentei di
Lucca, che hanno impresso il volto
del Cristo tunicato. La barba di
Gesù riprodotta sulla moneta è
identica a quella che troviamo al
monastero del Corvo, guardando
il crocifisso di profilo.
Qual è allora il Volto Santo più antico? Qual è il prototipo, padre degli altri cristi tunicati? Quello di
Lucca o quello che si trova ora a Bocca di Magra?